La sicurezza delle strade, dei giardini e dei parchi è uno dei principali motivi per cui vengono potati gli alberi, a volte in modo eccessivo fino all'eliminazione totale di rami e branche. Esiste una alternativa alla potatura che può ridurre i rischi connessi ai difetti strutturali nella chioma, senza alterare il valore estetico dell’albero. Questo sistema può permettere di gestire le alberature, specie quelle storiche o monumentali, lasciando inalterata la loro bellezza e salvaguardando maggiormente la loro fisiologia e funzionalità. La tecnica consiste nell'ancoraggio con tiranti in materiale sintetico le branche che vengono ritenute non sicure, dopo un’attenta analisi dell’intera pianta, creando così consolidamenti dinamici e statici (orizzontali) o di tenuta (verticali). Ancorando in questo modo grossi rami malformati, difettosi o codominanti se ne previene la rottura, dovuta per esempio al carico di vento o neve, e se ne controlla la caduta.
Le tecniche di ancoraggio su rami e branche sono in realtà conosciute ed applicate da molti anni, (Bridgeman, 1977). Nel corso del tempo, soprattutto grazie alla spinta dell’arboricoltura americana hanno avuto un progressivo miglioramento raggiungendo anche un certo livello di complessità e un progressivo perfezionamento del materiale. Queste tecniche sono attualmente codificate negli standard dell’arboricoltura americani (American National Standards Institute, Inc.) (Ansi A300, 2000) e adottate dall’ISA (International Society of Arboricolture) americana.
Però questi sistemi di ancoraggio ancora oggi in uso avevano ed hanno la caratteristica di essere statici ed invasivi, prevedendo l’utilizzo di cavi costituiti da funi in acciaio con aste filettate per l’inserimento nel legno; proprio quest’ultime possono causare rotture dei tessuti legnosi e problemi di carie, portando a problematiche peraltro già ben evidenziate dagli studi condotti da Shigo (Shigo, 1986).
A partire dagli anni 90, soprattutto in Europa, dopo svariati studi (Sinn, 1989; Schröder, 1990) e la constatazione che i sistemi rigidi ed invasivi non funzionavano in maniera ottimale, si sono cercate nuove tecniche non invasive con materiali innovativi che consentissero comunque di ridurre la pericolosità delle piante, mantenendo nel contempo integra la chioma degli esemplari monumentali o di maggior pregio (Wessolly e Vetter, 1999; Schröder, 2004).
L’ancoraggio della chioma con i nuovi sistemi non invasivi è finalizzato ad evitare la rottura e in una seconda battuta a controllare l’eventuale caduta di parti della chioma e quindi a ridurre il rischio per i possibili bersagli.
L’intervento ovviamente è conseguente alla valutazione attenta dell’intera pianta, attraverso il Visual Tree Assesment (VTA), che deve portare alla scelta delle operazioni da eseguire: consolidamento, potatura o spesso entrambe.
Bisogna quindi essere in grado di valutare se per la riduzione del rischio di una pianta sia più opportuno effettuare un taglio su un grosso diametro con i noti problemi di marciumi e carie, oppure preferibile l’utilizzo dei tiranti che mantengano la chioma integra . Va ricordato che il taglio di grosse branche può anche provocare all’interno della chioma e per la pianta stessa un cambiamento degli assetti statici e dinamici, modificando l’equilibrio che l’albero aveva raggiunto sotto l’influsso delle forze esterne tipiche del sito di impianto.
L’ancoraggio della chioma può risultare necessario nei seguenti casi:
• Consolidamento di singoli rami/branche e fusti codominanti
• Protezione di bersagli significativi sotto chioma (persone, cose e strutture)
• Protezione delle ramificazioni deboli (presenza di carie o cavità)
• Protezione delle biforcazioni deboli (presenza di corteccia inclusa)
• Protezione di rami ad “L” (“trave della sventura”)
• Riequilibrio di chioma asimmetrica dopo una rottura di rami
• Aumento della stabilità radicale attraverso l’ancoraggio ad edifici o altri alberi sani
• Protezione degli alberi giovani nei primi anni dalla piantagione
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